Lanfranco Ravelli
Andrea Fantoni fra Agostino e Bortolo Litterini

 

 


Il recente restauro cui è stato sottoposto, nel 2005, il dipinto raffigurante la Madonna del rosario con i santi Rosa da Lima, Domenico e Caterina da Siena, della parrocchiale di Foresto Sparso (Bergamo), pregevole opera del veneziano Agostino Litterini (1642-1738), offre spunti di riflessione circa la collocazione originaria dell'artista con gli scultori Grazioso Fantoni il Vecchio e con il figlio Andrea.

 

1. Agostino Litterini, Madonna con il Bambino e i santi Rosa da Lima, Domenico e Caterina da Siena.

Foresto Sparso, chiesa parrocchiale.

 

La tela centinata (fig. 1), in origine pala dell'altare della Madonna del Rosario (il primo a sinistra, guardando l'altare maggiore), raffigura, tra due colonne, la Vergine assisa sopra un basamento (o altare) e incoronata da due angeli, con Gesù Bambino nell'atto di porgere la corona del rosario a santa Rosa da Lima; accanto, san Domenico; in basso, a destra, seduta e assorta in meditazione, santa Caterina da Siena.

 

2. Agostino Litterini, Madonna con il Bambino e i santi Rosa da Lima, Domenico e Caterina da Siena, particolare: la firma. Foresto Sparso, chiesa parrocchiale.

 

Sull'alzata del primo gradino si legge la data di esecuzione («1675»); più sotto compare la scritta «Agostino Litterini F.» (fig. 2).

 

3. Bottega dei Fantoni, cornice della pala di Agostino Litterini Madonna con il Bambino e i santi Rosa da Lima, Domenico e Caterina da Siena. Foresto Sparso, chiesa parrocchiale.

 

Fino alla metà del 2006 il dipinto si trovava sopra la porta laterale destra, accanto al pulpito, dove fu appeso con la bellissima cornice intagliata su disegno della bottega dei Fantoni (fig. 3); in origine, era collocato nell'ancona (realizzata su disegno del padre di Andrea Fantoni, Grazioso Fantoni il Vecchio), da cui fu asportato nel tardo XIX secolo, quando si decise di praticare una nicchia allo scopo di ospitarvi una statua in legno policromo della Madonna del Rosario. Il restauro dell'intera ancona fantoniana e la risistemazione della pala di Agostino Litterini nella collocazione originale hanno rigenerato quella magnificenza nella cui luce il dipinto del veneziano trova la sua massima esaltazione. Inoltre, il contesto architettonico dell'ancona in legno viene restituito all'impianto originale, e ci appare del tutto simile a quello ideato e realizzato entro il 1680 da Grazioso Fantoni il Vecchio (1630-1693) per l'altare dell' Immacolata della stessa chiesa.
Il progetto dell'altare della Madonna del Rosario risale senz'altro a Grazioso, il padre di Andrea. Con ogni probabilità, i lavori si protrassero nel tempo; non è da escludere che, alla morte di Grazioso (1693), alcune parti siano state ultimate dal figlio Andrea. Lo lascia supporre una nota di esecuzione datata 9 novembre 1696, in cui si fa esplicito riferimento all'ancona dell'altare della Madonna del Rosario. Oltre ai lavori di completamento di questo altare, Andrea Fantoni si impegnò a realizzare due confessionali per le donne, l'altare maggiore, quello dedicato ai Santi Fermo e Rustico, quello del Corpus Domini e la facciata dell'organo.

 

 

4. Bortolo Litterini, Martirio dei santi Fermo e Rustico.

Foresto Sparso, chiesa parrocchiale.


Il dipinto (fig. 4), è opera importante nella carriera di Agostino Litterini, in quanto attira su di lui l'attenzione della committenza e apre la strada a una serie di opere che, eseguite in un primo tempo dal solo Agostino e, in seguito, dal figlio Bortolo, andranno ad abbellire gli altari di molte chiese della bergamasca. La tela è, altresì, importante perché segna l'avvio di un fecondo sodalizio creativo tra i Litterini e i Fantoni. Chi l'abbia favorito è difficile a dirsi: forse Grazioso Fantoni, o, forse, quel don Giovanni Piccinelli, nativo di Villongo e parroco di Foresto Sparso per ben cinquantotto anni, tra il 1670 e il 1728. L'ipotesi più probabile ci pare la seconda: don Piccinelli, infatti, avendo insegnato per nove anni in Seminario grammatica e scienze umanistiche, aveva senz'altro contatti con personalità della Curia legate al mondo culturale veneziano. Una lettera datata 31 maggio 1704, e spedita da don Piccinelli ad Andrea Fantoni, in quel momento a Venezia, sembra confermarlo. In essa, il parroco raccomanda allo scultore di recarsi da Agostino Litterini «Che fa il quadro dei Santi Fermo e Rustico per noi e vedere l'opera, e di più portarsi alla chiesa di S. Teresa a vedere alcune pitture del Sig. Bortolo, figlio del Sig. Litterini, affinché occorrendoci valerci delle sue virtù sappiamo il fatto nostro». Il tono della lettera lascia immaginare che i rapporti tra il parroco e il Litterini fossero ormai consolidati. Forse, fu proprio questa l'occasione che fece nascere il sodalizio tra Bortolo Litterini e lo scultore bergamasco: da allora, Andrea Fantoni – molte lettere lo attestano – fu il tramite fra la committenza bergamasca e Bortolo Litterini per l'esecuzione di molte pale d'altare, destinate a chiese in cui Fantoni aveva realizzato o stava realizzando sculture, ancone d'altari, o a chiese da lui progettate. Talvolta, è lo stesso Fantoni a commissionare, di sua iniziativa, dipinti al Litterini, come, a esempio, quelli destinati alle parrocchie di Cerete Alto e di Rovetta; in particolare, lo scultore segnala, in una lettera, che la pala del Crocifisso con le anime sante del Purgatorio (per Cerete Alto) gli era costata «340 lire» ed era stata eseguita da Bortolo Litterini tra il gennaio e il marzo del 1708.
Ma torniamo al dipinto di Agostino Litterini; l'opera è stata citata in epoca moderna a partire da Giuseppe Maria Pilo (1967) il quale, oltre a illustrarla per la prima volta, traccia un profilo del pittore riportando anche il parere espresso dallo Zanetti. L'antico storico veneziano sostiene che l'artista era stato allievo di Pietro della Vecchia ma che «tuttavia non seguì dopo la maniera del Maestro; ma formossi uno stile, che se non ebbe gran dottrina, fu nulla dimeno assai lieto e piacevole». In effetti, nella pittura di Agostino, rimane ben poco del maestro; lo attesta, limpidamente, anche la pala in oggetto dove emerge, piuttosto, l'adesione a una cultura "neoveronesiana", all'epoca ampiamente diffusa nella città lagunare: basti osservare il cromatismo tendente al chiaro e la luminosità del cielo alla sinistra della composizione. Se un modello vi fu, questo va individuato senz'altro nel Veronese e, in particolare, in quello della pala per San Benedetto Po (1562), ora alla National Gallery di Londra, e della Madonna con santi e devoti della chiesa di San Paolo a Verona (1565), che mostra notevoli analogie compositive e strutturali con la tela di Londra. Quest'ultima fu studiata da molti pittori e in particolare da Annibale Carracci il quale, nel famoso dipinto con la Madonna di san Matteo destinato in origine alla chiesa di San Prospero a Reggio Emilia e dal 1746 nella Galleria di Dresda, ne ripropone la struttura monumentale dell'impianto costruttivo. Lo stesso farà Sebastiano Ricci nel 1708 con la sua Madonna in trono con il Bambino e santi della chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia; ispirandosi alla citata pala di Annibale, l'artista ne trarrà una lettura in chiave moderna e chiaramente settecentesca, alla luce di un'estetica radicalmente rinnovata. Con tale omaggio, Sebastiano Ricci chiude splendidamente il lungo dialogo con la grande pala del Veronese ora a Londra, intessuto da generazioni di artisti che vi hanno attinto stimoli e suggestioni, rielaborandoli attraverso la cultura del tempo e la propria sensibilità e schiudendo orizzonti sempre nuovi al cammino dell'arte. Dal canto suo, il Litterini ne offre una lettura personalissima, tutta tesa a semplificare le forme, in una costruzione ariosa e classicheggiante, qualitativamente notevole e tale da smentire la pretesa assenza di «gran dottrina» riduttivamente evocata dallo Zanetti.
Come nei due dipinti sopra citati, il Litterini si rifà al motivo del basamento-altare sopra il quale è collocata la Vergine col Bambino fra due colonne che fanno da nobile quinta alla composizione; nel fondo azzurro del cielo, macchiato di nuvole bianche e rosa, appaiono evidenti ascendenze alla cultura neoveronesiana di molti pittori veneti contemporanei.

 


5. Bortolo Litterini, San Filippo Neri in adorazione della Madonna con il Bambino.

Vienna, collezione privata.


Chiudiamo questa nostra considerazione, presentando una piccola pala inedita di Bortolo Litterini conservata fino a qualche tempo fa in una collezione privata di Vienna, e passata poi a un'asta Dorotheum nell'ottobre del 2002. Il dipinto raffigura San Filippo Neri inginocchiato dinanzi alla Vergine con il Bambino Gesù (fig. 5); si tratta di un bellissimo dipinto, caratterizzato da una costruzione formale solida e ben armonizzata nelle tinte. L'opera appartiene a un momento felice della creatività di Bortolo Litterini, collocabile fra il 1700 e il 1710; richiama infatti altri capolavori del periodo come il Transito di san Giuseppe della chiesa del Paradiso di Clusone (Bergamo), datato ai primi del 1709 e le due pale centinate di San Canciano a Venezia, illustranti la Madonna col Bambino, san Giovanni Nepomuceno, san Rocco e altro santo e l'Immacolata con i santi Antonio di Padova e Giuseppe. Il dipinto proviene probabilmente da una chiesa soppressa di Venezia o del Veneto. La restituzione di quest'opera al catalogo del Litterini conferma come, accanto alla vena classica, venata di certo naturalismo e filtrata attraverso l'estetica di Antonio Bellucci e Sebastiano Ricci, l'artista sia capace di elaborare un linguaggio pittorico mirabilmente oscillante tra il classicismo arcaico e il rococò temperato.

 

 

 

Lanfranco Ravelli

 

 

ARTE Documento N°22  2006 © Edizioni della Laguna